Lapidario romano: la città tra repubblica e impero

La storia dell’ingresso di Ariminum nello Stato romano e poi nell’Impero è incisa sulle pietre che riflettono le nuove forme monumentali della città. L’architettura civica pubblica vede dapprima il riassetto del sistema delle mura compromesso dalle ritorsioni di Silla, e poi gli interventi voluti da Ottaviano Augusto che promuove tra gli altri, la lastricatura delle strade urbane, il restauro della via Emilia, il rinnovo edilizio.
All’organizzazione amministrativa fanno riferimento l’iscrizione che menziona una schola per le riunioni “di quartiere” e la lastra posta da Luccius Paulinus, un magistrato che aveva rivestito più cariche nella città.
La sfera più intima trova spazio nelle iscrizioni religiose che confermano la devozione per gli dei tradizionali cui si affiancano i culti imperiali e quelli familiari - come il Genius horrei Pupiani, il nume tutelare di un magazzino per le derrate alimentari – e nei monumenti funerari, ispirati alla semplicità: cippi arrotondati nella parte superiore, che riportano il nome del defunto e, talvolta, l’estensione del recinto sepolcrale. E' degno di nota il monumento funerario a dadi ritrovato lungo la via Flaminia del liberto Caio Maecio Tito Pupo, databile intorno al I sec. a.C., come si legge nell'iscrizoone C(ai) MAECI T(iti) PU(pi) L(iberte).
Fa eccezione la stele di Lucius Egnatius, che, da vivo, volle farsi immortalare nella veste di sacerdote.